Spogliarsi paga?
Spogliarsi paga? Dipende. In primis da cosa intendiamo per spogliarsi. Mostrarsi nudi ha molte accezioni, che vanno dall’essere privi di vestiti all’essere privi di difese.
Nel caso della nudità fisica penso si possa affermare che, tanto sui social network quanto nei media in generale, la cosa susciti un certo clamore, una qualche morbosa curiosità che, a dispetto del fatto che la nudità sia sempre più inflazionata, alberga nell’animo umano in virtù di un retaggio culturale profondamente inscritto nel nostro DNA.
Ecco perché questo tipo di nudità in qualche modo paga. Mostrarsi nudi garantisce una certa eco mediatica, positiva o negativa che sia, capace di procurare engagement per le immancabili reazioni che scatena, fra apprezzamenti di dubbia sincerità e critiche di comprovata acidità.
Oltretutto le reazioni alla nudità fisica sono tutt’altro che democratiche. Se a mostrarsi come mammà le ha fatte sono persone, sia uomini che donne, dalla fisicità statuaria, reale o costruita, facilmente saranno più gli apprezzamenti delle critiche, ma se ha farlo sono persone comuni, con fisici assolutamente reali, la musica cambia. Non posso non citare la grande Alda Merini che quando posò nuda ebbe a dire che ciò che scandalizzava non era il nudo in se quanto piuttosto il nudo di una donna “imperfetta”.
E benchè il mostrarsi nudi possa anche contemplare finalità alte che veicolano messaggi importanti quali il body positive, rimane sempre una certa componente di meschinità del genere umano che porta a etichettare, chi osa mostrarsi nudo, come esibizionista, immorale o incline a un qualche genere di perversione, la stessa che viene attribuita a chi immortala soggetti nudi, a chi guarda scatti di nudo o a chi del nudo ha fatto un proprio core business.
Se invece parliamo di mettersi a nudo in senso metaforico, di mostrare le proprie fragilità, ecco che il rischio di strumentalizzazione fa capolino e si insinua con una certa prepotenza. Spogliarsi di tutte quelle sovrastrutture che la società impone per mostrarsi sempre performanti e impeccabili, espone chi lo fa a reazioni spesso molto dure come il pietismo o peggio la ridicolizzazione. Ecco perché spogliarsi in senso metaforico difficilmente paga.
Difficoltà e fragilità oscillano fra vergogna per i comuni mortali e vanto per le star. Una persona comune che affronta i propri demoni è uno sfigato, se a farlo è un personaggio famoso è un eroe.
Se a raccontare le peripezie della propria vita è un anonimo instagramer il rischio è quello di perdere molto seguito venendo tacciato di pedanteria ed incapacità di fare intrattenimento, accusato di mettere in piazza i propri problemi, unfollowato per essersi mostrato fallibile. Se a raccontare le proprie traversie è un super influencer con mille mila K di seguito la quasi certezza è quella di venire osannato ed innalzato agli onori della ribalta come esempio da seguire, idolo delle masse.
Ne consegue che neppure la nudità dell’anima è democratica. E questo mi fa riflettere su quanto labili siano i nostri parametri di valutazione, labili e inaffidabili. La nudità presuppone un grande coraggio. Sia che si tratti di nudità fisica sia che si tratti di nudità spirituale.
In entrambi i casi significa esporsi con totale fiducia al prossimo, significa fare i conti con le proprie paure, rinunciare a qualunque corazza, di tessuto o di indottrinamento, col timore di non essere all’altezza delle aspettative, significa offrire la propria intima essenza all'altro, senza alcuna garanzia che questo gesto venga compreso o apprezzato.
Spogliarsi paga? L'audacia che presuppone, potrebbe già essere considerata una giusta contropartita. Il riuscire a vincere le resistenze che ci impediscono di mostrarci per come realmente siamo è già una conquista, una ricompensa da riporre negli scrigni della nostra formazione per essere investita in tutte quelle circostanze in cui la propria confort zone viene violata o si frantuma contro le asperità della vita.