La recita di Natale
Un altro Natale bussa alle porte e, poiché “non esistono più le mezze stagioni”, lo fa strizzandoci l’occhiolino dagli scaffali del supermercato, prima ancora che si abbia il tempo d’archiviare i costumi da bagno. Arriva con il suo bagaglio di buonismo ed il suo bel pacchetto d’indifferibili impegni: pranzi di famiglia, scambio di doni, ecc.
La recita
Ma della recita scolastica ne vogliamo parlare? Incombe già alla fine di novembre quando, dopo il primo interclasse, le maestre comunicano ai rappresentanti il tema prescelto per “farcire” la scuola di emozioni natalizie. Da lì, come uno stillicidio, si susseguono le comunicazioni: la prima giunge agli inizi di dicembre e tu pensi contenga, innanzitutto, data ed ora della recita (giusto per dare ai genitori il necessario preavviso), ma NO!
L'avviso
Il primo avviso riguarda il materiale di cui i bambini dovranno dotarsi: un cartoncino verde 50×70 ed una confezione di brillantini dorati. Fin qui è facile, niente che non possa essere reperito in qualsiasi cartoleria con pochi euro. Ma una seconda comunicazione arriva nel giro di pochi giorni. Speri fiduciosa che contenga le coordinate temporali dell’evento, ma NO! E’ un appello ai genitori per coadiuvare le maestre nella complessa realizzazione di costumi e scenografie. Neanche andasse in scena l’Aida! Con molta disinvoltura firmi questo secondo avviso, e spieghi a tuo figlio che proprio non puoi dare la tua disponibilità: tu sei a lavoro per guadagnare i soldi necessari a comperare proprio quel cartoncino verde e quei brillantini.
Sante Donne
Lui sembra aver capito, ma tu presa da insani scrupoli, il giorno dopo, gli domandi se qualcuno dei genitori si è offerto. Ti risponde che: si, le mamme di tizio e caio aiuteranno le maestre e, mentre tu esprimi il tuo apprezzamento verbale con un ”Sante donne!”, dentro di te pensi: ”Certo non lavorano, hanno solo un figlio, e se anche saltano qualche seduta all’estetista o l’appuntamento dal parrucchiere…” Ma tieni per te questo pensiero e tiri un sospiro di sollievo. Anche questa è andata. La terza comunicazione giunge a ridosso di Santa Lucia. Ci siamo, pensi che finalmente apprenderai data e orario di questa epica première (che se sei fortunata cadrà proprio nel tuo giorno libero)… Ma il terzo avviso riguarda il look che i piccoli attori dovranno adottare: jeans e maglia rossa. Ce l’ho! Un altro step è andato.
Il traguardo
Senti di avvicinarti sempre di più al traguardo, ma non puoi fare a meno di domandarti perché diamine non diano le comunicazioni tutte insieme. Sta di fatto che finalmente arriva il quarto ed ultimo avviso e, sì, contiene finalmente data e ora. La comunichi prontamente al gentil consorte, che ti riferisce con finto rammarico che proprio quel giorno avrà un impegno fuori città. Cominci a maturare l’idea che negli impegni matrimoniali unitamente a: “prometti di amarla onorarla e rispettarla, in salute e malattia, in ricchezza e in povertà” andrebbe aggiunta anche la formula “e di alternarti a lei nelle recite scolastiche finché morte non vi separi?” Ma va bene, ti convinci che puoi farcela e, senza che tu te ne accorga, arriva il fatidico giorno. Puoi “dirci giuro” che: uno dei tuoi figli ha la febbre alta. La suocera è ancora alle terme con l’amica. Il tuo capo ha fissato una riunione straordinaria per stabilire se il fatto che il rotolo di carta igienica, nei bagni dell’azienda, venga posizionato sopra lo sciacquone, possa essere considerato discriminatorio nei confronti dei diversamente alti.
L'ora X
Così mentre ti organizzi per piazzare il figlio malato dalla vicina (Dio l’abbia in gloria) e, giunta a lavoro, preannunci ai colleghi che a una certa ora dovrai abbandonare l’importantissima ed imprevista riunione per una visita medica fissata da mesi, cominci a maturare lentamente la consapevolezza che se sopravvivi alla giornata sei proprio un semidio. Arriva l’ora “X”. Con un certo imbarazzo ti defili dalla riunione, alzandoti con disinvoltura dal tuo posto che, sebbene scelto accuratamente in fondo alla sala non ti ha comunque messo al riparo dallo sguardo indagatore del tuo capoufficio. Ti butti nel traffico cittadino proprio nell’ora peggiore, imprecando ad ogni semaforo rosso e ad ogni rotonda: tutti sembrano dover andare esattamente dove vai tu! Con un occhio fisso all’orologio e l’ansia in petto arrivi fuori da scuola con un ritardo accettabile, ma ecco che ti si para innanzi un quadro apocalittico: macchine una sopra l’altra, parcheggiate in ogni dove e in ogni modo, come se un tornado le avesse buttate qua e la a caso.
Il buco
Cominci a girare in cerca di un “buco” qualsiasi, ed il panico si fa strada nella tua mente. All’improvviso capisci che se dall’ufficio fossi tornata a casa, avessi parcheggiato e fossi venuta a piedi, avresti fatto prima. Anche se abiti a 15 km dalla città. Non puoi mollare proprio ora, a un passo dal traguardo, il tuo bambino conta sulla tua presenza. Ti fai coraggio e tenti l’ultimo giro, stile roulette russa: inspiri, ingrani la prima e parti. Intravedi uno spazio non definito e realizzi un parcheggio che definire creativo sarebbe generoso. A gambe levate ti fiondi verso la scuola con un’unica, grande, grandissima consolazione: visto il ritardo, che ormai non è più ragionevole, almeno metà della recita è persa. Entri trafelata, con l’aria di chi scappa da un evento catastrofico che ha raso al suolo la città, ed ecco che ti accoglie il sorriso rassicurante della mamma di turno.
L'inizio
Quella sempre impeccabile, col trucco perfetto, la borsa perfettamente abbinata alle scarpe, i capelli splendidamente acconciati. Quella che in una frazione di secondo manda in frantumi ogni tua consolazione e, per consolarti, esordisce con un lapidario : “Hanno appena cominciato!” Sulla tua bocca si stampa un sorriso alla SHINING che si potrebbe tradurre con un “Ti ammazzo” ma ti esce un laconico e responsabile: “Meno male”. Compiacendoti di te stessa per il grande autocontrollo la ringrazi, e cerchi, fra l’impenetrabile muro di teste cotonate di zie e nonne, d’individuare la tua progenie. Ma non vedi altro che cappelli conici verdi tutti uguali, una stella dorata che ondeggia in cima alla testa di ognuno, e pensi che avrebbero potuto scrivere il nome dei bimbi sulle stelline. Così avresti almeno saputo in quale direzione guardare.
L'intuizione
Mentre sei li che ti sforzi d’intuire dove sia ubicato tuo figlio, uno tzunami ti travolge e. prima che tu te ne accorga, con una mossa degna di un ninja, non solo hai evitato di finire in terra, calpestata da un’ondata di geriatrica, ormonale commozione, ma hai anche salvato la nonnina in parte a te che ancora ondeggia. Il responsabile di tutto ciò si prodiga in mille scuse e, senza arrestare la sua avanzata, travolge orde di parenti per cercare di scattare una foto. Già, perché benché sia stato comunicato, in uno dei tanti avvisi minatori, che la scuola avrebbe provveduto a realizzare e divulgare il video della recita, quel papà deve documentare con uno scatto in primo piano l’ugola del figliolo. Intanto la nonnina accanto a te ha smesso di ondeggiare e tu puoi lasciarla. Torni alla ricerca del tuo pargolo, ma ecco uno scrosciante applauso: una standing ovation che ti fa intuire che è finita. Non sembra vero, ma è finita.
L'orologio
Guardi l’orologio e, con un sospiro di sollievo. constati che è andata anche bene, riuscirai persino a passare in lavanderia dove il tuo piumone è parcheggiato da quasi un mese. La folla si apre davanti a te, scorgi in lontananza il tuo bambino che, nel vederti, si illumina e ti corre incontro. Tu lo accogli con un entusiastico, quanto bugiardo: ”Ma che bravi! Siete stati super bravi!”. E, ancora sull’onda del complimento, quasi ad attutire l’effetto di ciò che stai per dirgli, annunci che dovete scappare via perché c’è il fratellino con la febbre dalla vicina ed il piumone in lavanderia. Con un cenno generico ti rivolgi ai genitori circostanti per salutarli quando un mamma (sempre quella impeccabile), con sguardo da cane bastonato ti dice: “Non puoi andar via, dobbiamo dare il regalo alle maestre”. In questo breve lasso di tempo tuo figlio, scaltro, si è già sottratto al tuo controllo defilandosi fra la folla. Guardi la mamma e ancora una volta soffochi il tuo istinto omicida. “OK! Diamo questi regali.”
Lei
Lei insiste: “Dobbiamo esserci TUTTI”. Quel “tutti” riecheggia nella tua mente come una minaccia atroce. Perché guardandoti intorno realizzi che il “tutti” è un’entità liquida dispersa sull’intera superficie della scuola. Mentre mentalmente maledici i tuoi genitori per averti insegnato l’educazione. Perché, poi, uno non possa andar via da un posto senza salutare non lo capisco! Appunti un promemoria.
Gli insegnamenti
“Inserire negli insegnamenti ai miei figli le controindicazione di una buona educazione”. E, pur di dare un epilogo veloce alla vicenda, ti offri di aiutare l’impeccabile mamma a radunare i genitori per la consegna dei doni che la poveretta si è presa la briga di scegliere, comprare e custodire con tanta cura. Mentre tenti, con scarso successo, la carriera del cane pastore, cerchi d’individuare tuo figlio fra orde di ragazzini tutti uguali, tutti in jeans e maglietta rossa. Dannata recita di Natale! Fra mille peripezie, mentre ormai ti stai disfacendo (del trucco fatto la mattina non esiste nemmeno più il ricordo, dei tuoi capelli non si distingue più la punta dalla radice, i tuoi piedi implorano pietà e le tue spalle si sono incontrate con le tue anche), finalmente l’adunanza è compiuta.
Il regalo
Il regalo è consegnato. I genitori chiacchierano amabilmente progettando pizzate di classe che non vedi l’ora di perderti. E tu, con il tuo bagaglio di stanchezza infinita, col figlio, quello giusto, ti defili quatta quatta prima che a qualcuno venga in mente la foto di gruppo o il bis dell’ultima canzone. Respiri profondamente pensando che almeno per un altro intero anno sarai a posto, quando scorgi un capannello di persone e vigili vicino all’auto… PROPRIO una bella giornata.